domenica 22 luglio 2018

Ritorno a Casa (Com'è Andato il Viaggio?)

Boicotterei Trenitalia e la FSE per te, se solo mi convenisse, maledetta distanza che non si smentisce, la malinconia viaggia su quei binari, in quei vagoni con quei sedili poco pratici, le scritte coi pennarelli raccontano di amori passati, chissà se alcuni di loro si sono salvati, fuori dal finestrino il paesaggio scorre come quando sei seduto al cinema, sembra un film con un solo piano sequenza.
Vincerei l’Oscar per la sceneggiatura e la regia, e ne darebbero uno pure a te se avessi accettato di essere la protagonista, adesso quel ruolo è vuoto anche se importante, non c’è la fila fuori ma ogni tanto qualcuna si presenta alle audizioni, non è che non siano adatte è che sono meglio come comparse, e cerco le tue gambe nelle gonne di altre, e cerco la tua lingua, la tua voce, le tue labbra nelle bocche di altre ragazze per ritrovare alcune parole che sembrano scomparse.  
La stazione non è così lontana, ho appena scritto “sono quasi arrivato” a mia mamma, che è già da un’ora dietro quella linea gialla mentre mio padre sta ancora cercando un parcheggio non a pagamento per la macchina.
E “com'è andato il viaggio” è solo una domanda, l’importante è che io sia ritornato a casa, tra quelle vecchie mura che odorano di relax, mi sto già immaginando sul divano a giocare alla Playstation in tutta tranquillità.
Ed il silenzio qui non mi fa paura, riesco pure a stare senza musica, ed è difficile immaginarmi senza cuffiette alle orecchie, io che faccio a piedi la via più lunga solo per metterle, ed il tempo qui scorre più lento, e anche se sono in vacanza mi sveglio presto, questo “è il blues del sabato mattina, non hai la sveglia ma ti svegli prima” come diceva Mecna in Le Cose Buone, che quando la sento mi mette sempre di buon umore.
E mentre sto fantasticando, sento un annuncio che dice “ci scusiamo con i viaggiatori ma il treno farà un leggero ritardo”, e penso che forse boicottare Trenitalia e la FSE non sarebbe poi così sbagliato. 



Maister




























venerdì 13 luglio 2018

Iceman 69

Ti cerco tra le forme delle nuvole, ho mille domande tutte riferite a quella notte, dove sei tu che riuscivi sempre a strappare un sorriso, tu che facevi uscire il sole, anche se fuori era grigio, com’è che ti sei spento così all’improvviso, noi che pochi mesi fa parlavamo della scomparsa di un altro caro amico. 
Tu sei mio zio, ma sei stato molto di più, un fratello maggiore, il primo amico, il primo a cui dissi “ho fatto per la prima volta l'amore", e com’eri contento, quando passavo da te e ti raccontavo cosa mi stava succedendo, tu rispondevi con la tua esperienza e le tue storie così assurde, che se non avessi avuto conferma da terzi non le avrei creduto vere tutte. 
Avevi girato il mondo a bordo del tuo camion, e chi ti ha conosciuto sa quando tempo ci hai dedicato, a tirare su una famiglia e non farle mancare nulla e a tenerla unita, e il tuo soprannome un po’ ti rispecchiava, Iceman 69, freddo come il ghiaccio che si scioglie quando c’è l'amore. 
E com’eri felice quel giorno che avevo tutti gli occhi addosso, quel giorno in cui mi misero la corona d’alloro, eri l'animale da festa di ogni ricorrenza, lo zio pazzo che almeno tutti hanno, e che dolore quella mattina, io ancora faccio fatica a credere alla notizia. 
E dove andrò la notte dopo il lavoro? 
A chi racconterò tutte le volte che non sono stato sobrio? 
Quando sentirò nuovamente la tua voce, chiamare il mio nome. 
Quando sentirò la tua mano sulle mie spalle, e dirmi “Auguri Antonio”. 
Ora la sedia è vuota ed il computer spento, a te che ci passavi davanti un botto di tempo, eri adulto ma ti piaceva giocare come i bambini alla Nintendo, tu che mi hai scaricato un sacco di film e di giochi per farmi contento, e mi ricordo, di quando ti chiesi di scaricarmi una canzone e in realtà era un porno, noi ci ridemmo su come facevamo sempre, come quando stavi sulla porta a fumare le tue sigarette e mi dicevi la prima cosa che ti veniva in mente. 
E non ci ho creduto fino a quando non ho visto il manifesto, fino a quando non ti ho visto steso su quello che non era un letto. 
Ora come farò, io ancora non ci credo che tu te ne sia andato per davvero. 
Ora come farò, quando mi laurerò di nuovo? 
Ora come farò, senza di te, quando arriverà il giorno del mio matrimonio. 
Questo vuoto non si colmerà mai, ho su gli occhiali da sole anche se fuori inizia già a piovere, e cerco le tue parole tra le gocce, di questo cielo che come me piange la tua morte. 




Maister